In occasione della festa del papà vogliamo condividere alcune riflessioni sul ruolo paterno nel percorso educativo dei figli, che riteniamo abbiano dei presupposti tali da estendersi facilmente alle famiglie che affrontano percorsi ri-abilitativi con i loro figli.

Come è cambiato il ruolo del padre. 

Il ruolo dei padri è cambiato molto nel tempo: non più padre-padrone autoritario, ma si parla oggi del cosiddetto padre evolutivo, che si confronta con la madre, accompagna il figlio nella crescita ed è capace di dire no.

Più o meno fino allo scorso secolo il padre era una figura fondamentalmente assente dal percorso di crescita dei figli, il suo ruolo educativo era di incutere timore nei confronti dei bambini e le mamme spesso sostenevano questa tesi dicendo la tipica frase “Se non la smettete, stasera lo dico a papà“. Il padre sgridava, puniva, suscitava sensi di colpa e, spesso, lontananza affettiva.

Oggi viviamo un momento storico e sociale del tutto nuovo e ricco di potenzialità interessanti per la figura del padre. C’è la possibilità di legittimare un ruolo paterno fatto di relazioni sincere ed intime con i figli, che permette ai bambini di crescere sereni, coltivando affettività, autonomia e senso di responsabilità. Il padre si aperto alla tenerezza, è in grado di consolare il figlio o la figlia in lacrime e adotta atteggiamenti caldi e affettuosi, inoltre fin dalle prime settimane di vita dei neonati si alterna alla mamma nell’accudimento (dar da mangiare, cambio pannolini, fare il bagnetto ecc). Questa flessibilità dei ruoli tra mamma e papà è assolutamente vantaggiosa e utile, tanto per i piccoli che per entrambi i loro genitori.

Le mamme possono essere sollevate dalle “funzioni” deputate loro solo perché donne e i padri possono godere l’esperienza della paternità a 360 gradi.  

Prendersi cura è saper dire anche no. 

 Attenzione però perché molto spesso si palesano situazioni in cui tanto il padre, quanto la madre, indugiano eccessivamente nel ruolo affettivo e di accudimento, attraverso un eccesso di cura, di ansia, di preoccupazione, dimenticando completamente il loro dovere di indicare regole, insegnare autonomia e determinare nei figli il senso di responsabilità.

I genitori cercano con mille giustificazioni di spiegare il perché  delle regole e dei no, nella convinzione di ragionare alla “pari” con i loro bambini, ma spesso è solo perché devono sopire sensi di colpa che nascono per i più svariati motivi (il poco tempo dedicato ai figli, le pressioni esterne, il confronto con altri genitori, il lavoro ecc).

Il senso di colpa e la mancanza assoluta del ruolo educativo si riscontra maggiormente nei genitori di bambini che presentano difficoltà o disabilità di vario tipo.  In quel caso i genitori pensano quasi di non voler “aggravare” la condizione del bambino e lasciano molto spesso correre sui capricci e sul mancato rispetto delle regole (quando indicate).

Purtroppo questo lasciar correre insieme ad una presenza smisurata non è assolutamente privo di conseguenze, non aiuta i bambini a crescere meglio, anzi suscita problematiche, ansie, grande disorientamento e spesso angoscia e “malattie educative” (come obesità, disturbi dell’attenzione, difficoltà relazionali e sociali, ecc.).

Crescere significa consentire ai figli di imparare a stare al mondo, di affrontare le difficoltà, di gestire i desideri, di tirar fuori le proprie risorse e questo vale per tutti i bambini, partendo dal principio di far sviluppare loro il meglio delle proprie potenzialità.

Regolazione e coesione.

In questo contesto deve inserirsi e venire valorizzato il ruolo del padre evolutivo che mantiene una giusta distanza dai figli,  che non deve essere mai affettiva ma educativa, permettendo ai bambini di tirar fuori tutte le loro risorse e di farcela da soli.

Il padre non è un “mammo”, né tanto meno un amichetto di giochi, deve avere all’interno della famiglia un ruolo chiaro e ben identificato, che faccia sentire i figli guidati, protetti e supportati, in quell’indispensabile compito di regolazione, che si riferisce al dare le regole non come un impedimento, ma come definizione dello spazio in cui i figli si possono muovere liberamente. Il padre accompagna i figli nelle scoperte, li aiuta quando cadono, li rimette in piedi per ricominciare a correre. Il suo compito autentico sta nel mettersi accanto: “non ti impedisco di fare da solo, di metterti alla prova, di rischiare per testare le tue potenzialità, nei tuoi tentativi ti sto vicino, sono dalla tua parte, ti mostro che fallire è umano e possibile, ma che è anche altrettanto possibile continuare a provare”.

Lo sviluppo pieno della genitorialità si ha in coppia con la mamma in un rapporto di assoluta coesione: papà e mamma devono decidere regole e strategie educative insieme, parlarsi, condividere e mostrarsi uniti. È necessario che anche le madri lavorino su questo. Spesso oggi si incontrano padri che non riescono a impostare il proprio ruolo perché le madri non glielo lasciano agire. Usare la coesione significa fare gioco di squadra per il benessere dei propri figli. “Ne parlo con tuo padre” non deve essere più una minaccia punitiva, ma dimostrazione di coesione e complicità che sarà per i figli d’esempio, gli mostrerà il valore della parola insieme e dell’essere famiglia.